Il Codice del Consumo stabilisce che il venditore è responsabile dei difetti di conformità del bene fino a due anni dopo la consegna della merce, a patto che il consumatore denunci il difetto riscontrato entro due mesi dall’avvenuta scoperta.
Ma cosa intendiamo per difetto di conformità? Il difetto di conformità è una caratteristica tale da rendere il prodotto non conforme al contratto di vendita, come previsto dall’art. 129 del Codice del consumo. In particolare:
- se non è conforme alla descrizione del prodotto stesso presentata dal venditore o alla descrizione pubblicizzata dal venditore o ancora non possiede le qualità del bene presentato al consumatore come modello;
- se presenta un difetto di funzionamento riscontrato subito o durante l’utilizzo, da attribuire a un difetto di produzione;
- se ci sono problemi con l’installazione dello stesso, nel caso in cui l’installazione sia compresa nel prezzo e sia effettuata dal venditore o sotto la sua responsabilità. A questa ipotesi è equiparata anche l’istallazione compiuta dal consumatore, se il difetto prodotto è dovuto a una carenza delle azioni di installazione
In caso difetto di conformità, il consumatore ha diverse possibilità, riconosciute dalla legge (art. 130 del Codice del consumo):
- può scegliere tra la riparazione o la sostituzione del bene senza spese, a meno che il rimedio scelto rispetto all’altro sia impossibile o eccessivamente oneroso;
- se la riparazione o la sostituzione non sono possibili o non sono eseguite entro un congruo termine, il cliente può scegliere tra: la richiesta di uno sconto consistente (nella forma di riduzione del prezzo) o la risoluzione del contratto. Attenzione: la risoluzione del contratto è possibile solo se si tratta di difetti di notevole importanza
Il consumatore può comunque anche richiedere il risarcimento del danno, se riesce a dimostrare che il difetto ne ha causati.
Se la garanzia riguarda un acquisto legato a un finanziamento, una fattispecie che oggi costituisce ormai la regola dei contratti commerciali, cosa accade?
La vendita tramite finanziamento è spesso consigliata dal venditore perché così può avere la garanzia di avere una somma sicura e integrale, quella appunto fornita dalla finanziaria, che intanto stipula un altro contratto con il compratore. Il compratore deve comunque essere consapevole che la rateizzazione non è concessa dal venditore ma è invece la tipologia di pagamento richiesto dalla finanziaria al consumatore per il rimborso del prestito concesso.
Le parti del contratto in questo caso sono tre: venditore, finanziaria, consumatore. Cosa succede però se il venditore non rispetta gli obblighi del contratto e il consumatore è vincolato alla finanziaria? In Italia fino a poco tempo fa non esisteva una normativa che collegasse il contratto principale a quello del finanziamento. Il consumatore che riceveva il decreto ingiuntivo dalla finanziaria non poteva eccepire l’inadempimento del fornitore, ed era costretto spesso ad intraprendere due cause separate.
La giurisprudenza ha in seguito riconosciuto il collegamento dei due contratti in un’unica vicenda giudiziale: tale “collegamento negoziale” è stato poi riconosciuto nel Codice del consumo e nel Testo Unico Bancario.
In caso di inadempimento del fornitore del bene o del servizio il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito. La risoluzione del contratto di credito comporta l’obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, e tutti gli altri oneri eventualmente applicati. La risoluzione del contratto di credito non comporta l’obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l’importo che sia stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi.
Lo Studio Legale Pedretti rimane a disposizione per maggiori informazioni e assistenza in materia di tutela del Consumatore e risarcimento del danno.