Coronavirus e vacanze prenotate: che fare?

avvocato bresciaI diritti del turista ai tempi del coronavirus

Molto spesso le vacanze vengono organizzate con largo anticipo, soprattutto se le destinazioni ambite sono lontane.

Purtroppo, anche una volta superata la situazione di emergenza, tanti turisti saranno costretti a rinunciare alla vacanza prenotata e, spesso, già pagata.

Cosa fare, allora, nel caso in cui sia stato acquistato un biglietto di viaggio o un pacchetto turistico che non si può utilizzare o che non si vuol più usufruire? Insomma, coronavirus e vacanze prenotate: che fare?

In tali casi bisogna far riferimento ai rimedi previsti dalla disciplina generale del contratto, in combinato disposto con alcune norme contenute nel Codice del Turismo, unitamente ai provvedimenti governativi adottati per fronteggiare la pandemia tuttora in corso: liberarsi di un contratto non è mai facile, anche perché il nostro ordinamento riconosce ai contratti forza di legge.

Ma andiamo nello specifico.

L’art. 1463 cod. civ. detta la disciplina generale in tema di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta. In particolare dispone che “nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”.

Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale la risoluzione ex art. 1463 cod. civ. si applica ai “contratti di viaggio” quando la finalità turistica perseguita dal contraente diviene irrealizzabile (così Cass. n. 1847/2018; Cass. n. 12069/2017). Ma cosa significa “finalità turistica irrealizzabile”? Secondo le nostre Corti la finalità turistica diviene innanzitutto irrealizzabile in tutte le ipotesi in cui vi siano fattori, come conflitti ed  epidemie, idonei ad incidere negativamente sulla sicurezza del consumatore-turista; in altre parole quando il soggiorno nel Paese prescelto sia pericoloso. Il Ministero degli Affari Esteri indica nel proprio portale internet le mete turistiche sconsigliate, costantemente aggiornate (http://www.viaggiaresicuri.it/). Dunque, se la Farnesina individuerà una zona come pericolosa (ad esempio per una sopravvenuta pandemia, come nel caso da noi esaminato) si potrà provare a chiedere la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta dell’utilizzazione della prestazione, con conseguente esonero delle parti dalle rispettive obbligazioni ed il diritto per il consumatore – turista alla restituzione delle somme già versate.

Oltre a tale ipotesi la giurisprudenza ritiene che anche un improvviso lutto possa determinare l’irrealizzabilità della finalità turistica, così da far venir meno la causa del contratto intercorso e determinarne la risoluzione.

In questo quadro anche il Codice del Turismo (D.lgs. n. 79 / 2011) prevede la possibilità per il turista di sciogliere il contratto in caso della verificazione di circostanze inevitabili e straordinarie nel luogo di destinazione che incidono sull’esecuzione del pacchetto o sul trasporto dei passeggeri verso la destinazione prescelta. In tali ipotesi viene riconosciuto al viaggiatore il diritto di recedere dal contratto senza corrispondere le spese di recesso, oltre al rimborso integrale dei costi sostenuti.

Quanto sinora illustrato deve essere integrato con le disposizioni dettate dal Governo al fine di fronteggiare la situazione di emergenza sanitaria in corso. Più in particolare, ad oggi, tutta l’Italia è ancora considerata off limits, indi per cui sono vietati tutti i viaggi e gli spostamenti per turismo nello stesso territorio nazionale: tanti Paesi (e sempre il sito www.viaggiaresicuri.it li passa accuratamente in rassegna) hanno altresì adottato nei confronti dei nostri concittadini misure restrittive all’ingresso (per esempio il Presidente degli Stati Uniti, a far data dal 13 marzo 2020, ha proclamato lo stato di emergenza nazionale e annunciato la sospensione temporanea, fino a nuovo ordine, dell’ingresso dei viaggiatori che, nei 14 giorni precedenti l’ingresso negli Stati Uniti, siano stati fisicamente presenti in uno dei Paesi dell’Area Schengen, inclusa l’Italia).

In queste situazione, come già specificato in un precedente articolo, è stata assicurata la possibilità a colui che ha acquistato biglietti per il trasporto aereo, ferroviario e marittimo, od anche pacchetti turistici, di ottenere un rimborso quando è impossibilitato a beneficiare delle prestazione già pagata. La domanda di rimborso deve essere effettuata entro il termine di 30 giorni decorrenti dal momento della cessazione delle misure che limitano la libertà di movimento dell’individuo. Alla domanda è necessario allegare la documentazione comprovante la perdita subita e per la quale chiede il rimborso. In alternativa al rimborso può essere rilasciato un voucher di importo pari alla somma rimborsabile, da utilizzare entro un anno. Questa disciplina si applica anche agli acquisti effettuati tramite le agenzia di viaggio.

Lo Studio Legale dell’Avvocato Paolo Pedretti rimane a disposizione per maggiori informazioni ed assistenza in tale ambito.

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