I moderni fattorini: fra autonomia e subordinazione

Corte d’Appello di Torino, sent. n. 26 del 04.02.2019.

Tanti di voi nei mesi scorsi si saranno chiesti chi sono quei ragazzi che, sfrecciando nelle nostre città e mettendo a repentaglio la propria (e nostra) incolumità, consegnano pasti e beni di altro genere. I fattorini 2.0 (i cd. riders) sono ormai un fenomeno assai comune e, come è ovvio che sia, ben presto, sono stati attenzionati dagli operatori del diritto.

In particolare le nostre corti sono state interpellate per decidere la natura da riconoscersi ai rapporti di lavoro che lega i fattorini con le società che gestiscono le piattaforme digitali (Deliveroo, Foodora, Justeat, ecc.) con cui vengono attribuite le consegne, formalmente ricondotto dalle parti alle collaborazioni coordinate e continuativa di cui all’art. 409, n. 3, cod. proc. civ.

La decisione della Corte d’Appello di Torino, che qui si commenta, è assai interessante in quanto capovolge l’esito del primo grado di giudizio, che aveva rigettato le richieste dei lavoratori.

Il giudice di prime cure aveva infatti ritenuto che non sussistesse subordinazione, considerata la volontà delle parti (che avevano sottoscritto contratti di collaborazione coordinata e continuativa), la circostanza che i ricorrenti non fossero obbligati a dare la propria disponibilità lavorativa per uno dei turni indicati dal committente e, a sua volta, che il committente stesso potesse accettare la disponibilità data dai lavoratori e inserirli nei turni da loro richiesti, ma potesse anche non farlo, nonché l’assenza dell’esercizio di un potere gerarchico disciplinare da parte della società.

La Corte di Appello non riconosce la natura subordinata dei rapporti, ribadendo che la società non aveva potere di imporre ai riders di lavorare nei turni dalla stessa prestabiliti o di non revocare la disponibilità data, ma, in forza dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 81/2015, applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti in questione, che vengono fatti rientrare nelle collaborazioni autonome etero-organizzate.

Tali collaborazioni, secondo i giudici, costituiscono un terzo genere, che si viene a porre tra il rapporto di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 cod. civ. e la collaborazione come prevista dall’articolo 409, n. 3, cod. proc. civ.

Nel caso di specie si ritiene che le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa erano organizzate dalla committente quanto ai tempi e ai luoghi di lavoro: in altre parole viene ravvisata una effettiva integrazione funzionale del lavoratore nell’organizzazione produttiva del committente, in modo tale che la prestazione lavorativa finisce con l’essere strutturalmente legata a questa e si pone come un qualcosa che va oltre alla semplice coordinazione di cui all’articolo 409 cod. proc. civ., poiché qui è il committente che determina le modalità dell’attività lavorativa svolta dal collaboratore.

Il lavoratore etero-organizzato resta, tecnicamente, autonomo, ma per ogni altro aspetto (e in particolare per quel che riguarda sicurezza e igiene, retribuzione diretta e differita, limiti di orario, ferie, previdenza), il rapporto è regolato alla stregua di un rapporto di lavoro subordinato: in altre parole viene fatto salvo l’assetto negoziale stabilito dalle parti in sede di stipulazione del contratto con l’estensione peraltro di tutte le tutele previste per i rapporti subordinati.

Concretamente, nel caso di specie, una siffatta ricostruzione giuridica ha determinato il riconoscimento in capo ai lavoratori della retribuzione diretta, indiretta e differita stabilita per i dipendenti del quinto livello del C.C.N.L. logistica, trasporto merci.

Si allega la sentenza qui commentata.

La pronuncia, probabilmente, costituirà solo uno dei primi capitoli di tante pronunce che saranno chiamate a decidere la natura di rapporti di lavoro sempre più al limite fra l’autonomia e la subordinazione.

Lo Studio Legale Pedretti è disponibile a fornire i chiarimenti necessari in tema di collaborazioni coordinate e continuative.

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