Premessa. Il contratto di lavoro a tempo determinato.
Il contratto di lavoro a tempo determinato, o contratto a termine, definisce un rapporto di lavoro subordinato in cui il lavoratore è assunto per un periodo di tempo definito.
La sua disciplina è contenuta nel D.L. n. 81/2015, così come modificato dal successivo D.L. n. 87/2018 e convertito in Legge n. 96/2018 (cosiddetto Decreto Dignità).
Tale normativa trova applicazione soltanto per i rapporti di lavoro sorti successivamente il 14 luglio 2018 nonché ai rinnovi ed alle proroghe successive al 31 ottobre 2018; ai contratti stipulati anteriormente resta applicabile la disciplina del D.L. n. 81/2015 (cosiddetto Jobs Act).
Le differenze non sono di poco conto, posto che il Decreto Dignità ha introdotto alcune novità che hanno modificato il Jobs Act. Più in particolare:
- ha diminuito la durata del contratto a termine da trentasei (36) a dodici (12) mesi, elevabile a ventiquattro (24) in presenza di esigenze temporanee ed oggettive estranee all’ordinaria attività; esigenze sostitutive di altri lavoratori; esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria (cosiddetto rinnovo);
- il numero di proroghe contrattuali è di quattro (4) da effettuarsi entro il limite dei dodici (12) mesi;
- ha introdotto l’obbligatorietà della causale qualora i contratti abbiano una durata complessiva superiore a dodici (12) mesi.
Più nello specifico, è possibile prorogare liberamente un contratto a tempo determinato entro i dodici (12) mesi, al contrario; per il rinnovo è sempre richiesta l’indicazione della causale.
La proroga, inoltre, richiede che rimangano invariate le ragioni che avevano giustificato l’iniziale assunzione a termine (ciò significa che non è possibile prorogare un contratto a termine modificando le motivazioni).
Nelle ipotesi di rinnovo è poi necessario che trascorra un determinato lasso di tempo tra i due contratti a termine e, in caso di mancata osservanza, si verifica la conversione del contratto a termine a tempo indeterminato a partire dal giorno successivo a quello di scadenza dei dodici (12) mesi. Più in particolare:
- dieci (10) giorni se la durata del primo contratto è inferiore a sei (6) mesi;
- venti (20) giorni se la durata del primo contratto è superiore a sei (6) mesi.
In conclusione, il contratto a termine non può avere una durata superiore a ventiquattro (24) mesi, comprensiva di proroghe o per effetto di più contratti (fatte, in ogni caso, salve le diverse previsioni dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale).
Le modifiche introdotte dal Decreto Rilancio alla disciplina dei contratti a termine.
Il Decreto Legge n. 34 del 2020, meglio conosciuto come Decreto Rilancio, all’art. 93 prevede espressamente che « […] per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all’emergenza epidemiologica da COVID-19, è possibile rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020, anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81».
In altre parole, il Governo ha introdotto la possibilità di non inserire la causale dei contratti a termine in corso di esecuzione alla data del 23 febbraio 2020 sino al 30 agosto 2020, pur in assenza delle condizioni che giustificano il rinnovo (le esigenze temporanee ed oggettive estranee all’ordinaria attività; le esigenze sostitutive di altri lavoratori; le esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria).
Rimangono esclusi da tale previsione:
- i contratti scaduti prima del 23.02.2020;
- i contratti stipulati per la prima volta successivamente al 23.02.2020.
Il nostro Studio Legale rimane a disposizione per eventuali chiarimenti ed assistenza.