La locazione degli immobili urbani ad uso abitativo è disciplinata dalla Legge n. 431 / 1998.
Ai fini della validità del contratto di locazione tale legge richiede la presenza due requisiti:
- la forma scritta;
- la registrazione presso l’Agenzia delle Entrate nei trenta (30) giorni successivi alla stipula.
Si fa presente che la registrazione effettuata dopo tale termine (registrazione tardiva) sana il contratto che si considera valido sin dal momento della stipulazione.
Ciò premesso, ci si chiede se le parti siano libere di stipulare un patto, a latere del contratto registrato, con il quale prevedono che il conduttore (inquilino) debba versare un canone mensile superiore a quello stabilito dal contratto valido e registrato.
Sul punto, si deve richiamare l’art. 13, co. 1, della Legge n. 431 / 1998 il quale sancisce che «è nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato».
Nonostante tale previsione normativa, la validità di tale patto è stata al centro di un dibattito che ha visto contrapposti due principali orientamenti.
Il primo orientamento affermava l’esistenza del principio di immodificabilità del canone in corso di rapporto, indi per cui considerava valido solo il patto occulto contestuale alla stipula del contratto di locazione e nullo quello stipulato in un momento successivo.
Tale soluzione è stata criticata in quanto sollevava numerosi problemi, primi tra tutti l’elusione fiscale: è infatti noto che il locatore, allatto della registrazione del contratto, è tenuto a versare l’imposta di registro che è proporzionata all’importo del canone pattuito con il conduttore (inquilino).
Per tali motivi, un secondo orientamento ha affermato che il patto occulto è da considerarsi sempre nullo a prescindere dal momento in cui la modificazione del canone viene prevista.
Ha prevalso il secondo orientamento.
Quali effetti produce la nullità del patto di maggiorazione del canone sul contratto di locazione valido ed efficace?
La risposta è stata fornita dalla Suprema Corte a Sezioni Unite nel 2015 con la sentenza n. 18213 e confermata anche da successive e più recenti pronunce (così, Cass. Civ., n. 34148/2019).
In particolare:
- la nullità colpisce solo il patto occulto di maggiorazione del canone;
- il contratto di locazione registrato resta valido;
- resta dovuto il canone apparente, cioè quello che risulta dal testo del contratto.
Inoltre le Sezioni Unite precisano che il patto occulto, in quanto nullo, non può essere sanato dalla registrazione tardiva.
Il locatore è tenuto restituire al conduttore le somme in eccesso percepite rispetto al canone indicato nel contratto? E da che momento decorrono gli interessi legali sulle somme da restituire?
Per quanto riguarda la prima questione, la risposta si rinviene all’art. 13, co. 2, L. n. 431/1998, a mente del quale «nei casi di nullità del contratto di cui al comma 1 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei (6) mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato».
Per quanto riguarda la questione della decorrenza degli interessi sulle somme da restituire si applicano le regole generali in tema di ripetizione dell’indebito di cui all’art. 2033 cod. civ., come stabilito dalle già richiamate Sezioni Unite nonché da una sentenza della Corte a Sezioni Semplici (Cass. Civ., Sez. III, n. 411/2017).
Ciò significa che:
- gli interessi decorrono dal giorno della proposizione della domanda giudiziale se il locatore era in mala fede (cioè se ha indotto il conduttore/inquilino alla corresponsione di un canone maggiorato);
- gli interessi decorrono dal giorno del pagamento dei canoni se il locatore era in buona fede.
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