Premessa
Sebbene nel nostro ordinamento non vi sia una disposizione che fissi in modo specifico l’età in cui l’obbligo di mantenimento del figlio venga meno, un siffatto limite viene comunque ancorato al raggiungimento della maggiore età, considerato quale momento in cui un soggetto acquisisce la capacità lavorativa (ossia l’adeguatezza a svolgere un lavoro).
Tuttavia, come vedremo, la presenza di determinate circostanze – debitamente provate – giustifica il permanere di questo diritto in favore del figlio maggiorenne.
In questo quadro la situazione economico-patrimoniale del genitore non ha alcun rilievo, posto che il diritto ed il conseguente obbligo di mantenimento si fondano esclusivamente sulle capacità reddituali del figlio.
Presupposti e limiti del diritto al mantenimento del figlio maggiorenne
Il diritto al mantenimento dei figli ha assunto connotati nuovi sin dalla riforma di cui alla Legge 8 febbraio 2006 n. 54, che, con l’art. 155-quinquies (ora art. 337-septies), ha dettato una disposizione ad hoc in favore dei figli maggiorenni.
L’art. 337-septies cod. civ. sancisce che «il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico».
Ebbene, il diritto in parola è subordinato alla presenza di una condizione: il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica.
Ciò significa che l’obbligo non è automatico (come invece avviene per la prole minorenne o maggiorenne portatrice di handicap gravi), bensì rimesso ad una valutazione del giudice alla stregua di tutte le circostanze del caso concreto. Si badi, infatti, che la norma citata utilizza i seguenti termini:
- «può disporre»: implica la mera possibilità;
- «valutate le circostanze»: implica la natura discrezione di tale giudizio.
Quali “circostanze” escludono il diritto-dovere al mantenimento del maggiorenne non indipendente?
La questione permea attorno al principio di autoresponsabilità vigente nel nostro ordinamento, in virtù del quale il maggiorenne deve assicurarsi un lavoro in grado di fornirgli autonomo sostentamento.
È chiaro che, nell’ipotesi in cui il figlio abbia intrapreso un percorso di studi, il periodo temporale nel quale sussiste l’obbligo al mantenimento da parte dei genitori sia più lungo: si ricorda, infatti, che l’ordinamento giuridico tutela le esigenze formative e culturali del singolo che indirettamente comportano un beneficio alla società.
Peraltro, l’assistenza economica del figlio-studente non può durare all’infinito poiché ciò si risolverebbe in un parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani. Per questi motivi la giurisprudenza ha stabilito che, trascorso un “certo” lasso di tempo dal conseguimento del titolo di studio, venga meno il diritto ad essere mantenuto. Più in particolare il limite va desunto considerando:
- la durata ufficiale degli studi;
- il tempo mediamente necessario ad un giovane laureato al reperimento di un impiego.
Si badi comunque che, una volta terminati gli studi, grava comunque sul figlio il dovere di attivarsi al fine di assicurarsi un autonomo sostentamento nell’attesa di reperire un lavoro più aderente alle proprie personali aspirazioni: è escluso, infatti, che siano i genitori a doversi adattare a qualsiasi lavoro per sostentarli (Cass. civ. n. 17183/2020).
Quali “circostanze” fanno allora sorgere il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne?
Con la pronuncia poc’anzi richiamata la Corte di Cassazione ha elencato, seppur non in modo esaustivo, le condizioni che importano la sussistenza dell’obbligo di mantenimento in capo ai genitori ed il conseguente diritto al mantenimento in capo al figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente:
- la condizione di una peculiare minorazione o debolezza delle capacità personali, pur non sfociate nei presupposti di una misura tipica di protezione degli incapaci;
- la prosecuzione di studi ultraliceali con diligenza, da cui si desuma l’esistenza di un iter volto alla realizzazione delle proprie aspirazioni ed attitudini, che sia ancora legittimamente in corso di svolgimento, in quanto vi si dimostrino effettivo impegno ed adeguati risultati, mediante la tempestività e l’adeguatezza dei voti conseguiti negli esami del corso intrapreso;
- l’essere trascorso un lasso di tempo ragionevolmente breve dalla conclusione degli studi, svolti dal figlio nell’ambito del ciclo di studi che il soggetto abbia reputato a sé idoneo, lasso in cui questi si sia razionalmente ed attivamente adoperato nella ricerca di un lavoro;
- la mancanza di un qualsiasi lavoro, pur dopo l’effettuazione di tutti i possibili tentativi di ricerca dello stesso, sia o non confacente alla propria specifica preparazione professionale.
L’onere della prova della sussistenza del diritto-obbligo al mantenimento
La Suprema Corte si sofferma inoltre sul tema dell’onere della prova, affermando un principio che parrebbe porsi in controtendenza con la giurisprudenza sinora maggioritaria. Secondo la Cassazione l’onere probatorio di dimostrare la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di mantenimento a carico del genitore grava sul richiedente l’assegno, ossia al figlio. Spetterà pertanto al figlio provare la mancanza di indipendenza economica, ossia di avere curato con ogni possibile impegno la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro.
Lo Studio Legale dell’Avvocato Pedretti rimane a disposizione per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento per i procedimenti di competenza del Tribunale di Brescia.