Corte App. Brescia, sent. n. 208 del 14.05.2019
La Corte di Appello di Brescia, con la sentenza in esame, affronta il contrastato tema della prescrizione dei crediti da lavoro dopo le modifiche che hanno interessato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (dapprima in forza della cosiddetta legge Fornero, successivamente con il Job Act del Governo Renzi).
Prima di questi ultimi interventi, era pacifico in giurisprudenza che il decorso della prescrizione dei crediti retributivi maturasse in costanza di rapporto soltanto in quelle ipotesi in cui il rapporto di lavoro era assistito dalla cosiddetta stabilità. Detta stabilità, secondo i nostri giudici, veniva ravvisata in tutte quelle situazioni in cui era presente una disciplina che, sul piano sostanziale, subordinasse la legittimità e l’efficacia del licenziamento alla sussistenza di circostanze obiettive e predeterminate, affidando al giudice il sindacato su tali circostanze e la possibilità di rimuovere gli effetti del licenziamento stesso: di fatto si concludeva pacificamente che la prescrizione decorresse soltanto nei rapporti di lavoro protetti dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, laddove vigeva la tutela reale e reintegratoria in caso di licenziamento illegittimo.
La prescrizione era invece pacificamente sospesa nei rapporti di lavoro a tutela obbligatoria, sul presupposto che, in tale ipotesi, sussistesse una situazione psicologica del lavoratore di timore, con riferimento alla permanenza del rapporto di lavoro che sarebbe di fatto potuto essere interrotto dal datore di lavoro senza conseguenze particolarmente gravose.
In questo quadro le radicali riforme che hanno interessato nell’ultimo decennio l’articolo 18 (facendo venir meno sostanzialmente la tutela reintegratoria in caso di licenziamento illegittimo) stanno costringendo avvocati e giudici a chiedersi se il requisito della stabilità del rapporto lavorativo sussista ancora all’interno di azienda con più di quindici dipendenti. Se così non fosse, infatti, il lavoratore impiegato in dette aziende verserebbe in una posizione di metus tale da impedire il decorso della prescrizione delle pretese retributive sino alla cessazione del rapporto di lavoro.
In assenza di un intervento risolutivo della Suprema Corte, la giurisprudenza del merito è assai contrastata.
Con la sentenza in commento, la Corte di Appello di Brescia continua ad escludere la configurabilità di un’inferiorità psicologica del lavoratore impiegato nelle aziende rientranti nell’ambito operativo dell’articolo 18, tenuto conto che allo stesso la nuova normativa riconosce una piena tutela reintegratoria in caso di licenziamento intimato per ritorsione, discriminatorio o per motivo illecito.
Secondo i giudici bresciani il lavoratore, anche con la nuova disciplina dei licenziamenti, dispone pertanto di adeguata tutela ripristinatoria, che, come in passato, gli garantisce la permanenza del rapporto di lavoro nel caso di reazioni ingiustificate e illegittime del datore di lavoro a proprie rivendicazioni retributive in corso di rapporto di lavoro.
Si è in ogni caso certi che, sino ad una pronuncia della Corte di Cassazione, la perentorietà delle affermazioni nella sentenza in esame dovrà scontrarsi con i numerosi orientamenti delle diverse corti territoriali.
Lo Studio legale dell’avvocato Pedretti è disponibile a fornire assistenza e consulenza in questa tematica, così come negli ambiti più generali del diritto del lavoro.