Le sanzioni disciplinari del datore di lavoro

Le sanzioni disciplinari: cosa sono e come funzionano

Il datore di lavoro può irrogare nei confronti del dipendente che non rispetta le condizioni previste dal contratto di lavoro talune sanzioni, le quali prendono il nome di “sanzioni disciplinari”.

Si tratta della forse più importante manifestazione del potere gerarchico e direttivo del datore di lavoro.

Nello specifico, l’art. 2106 cod. civ. prevede la possibilità del datore di irrogare sanzioni disciplinari al lavoratore in caso di inosservanza dei doveri di diligenza, di obbedienza e di fedeltà.

Le modalità concrete dell’esercizio di tale potere sono fissate dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970).

Tipologie di sanzioni disciplinari previste

Le sanzioni disciplinari vengono irrogate in base alla gravità del fatto commesso.

Di seguito, l’elenco delle sanzioni previste in ordine di gravità crescente.

  • Rimprovero verbale

Viene utilizzato per le infrazioni meno gravi. Per questo motivo tale sanzione può essere applicata senza preventiva contestazione scritta.

  • Ammonizione scritta

Consiste in una dichiarazione di biasimo rivolta al dipendente tramite un apposito atto scritto.

  • Multa

Consiste nella trattenuta in busta paga dell’importo corrispondente ad un massimo di quattro (4) ore di retribuzione base.

  • Sospensione dal servizio

Consiste nell’interruzione della prestazione lavorativa e dell’erogazione retributiva per l’intera sua durata, che non può eccedere i dieci (10) giorni.

  • Licenziamento

È la sanzione più grave, che consiste in un provvedimento con cui il datore interrompe il rapporto di lavoro a causa di comportamenti del dipendente che ledono in modo irrimediabile la fiducia tra le parti.

Si fa presente, senza entrare nel dettaglio, che quando la lesione del vincolo fiduciario tra le parti è molto grave, il datore di lavoro ha il potere di interrompere il rapporto di lavoro senza concedere al dipendente il cd. periodo di preavviso (più comunemente conosciuto come “licenziamento in tronco”).

Diverso è il caso della sospensione cautelare, la quale non è una sanzione disciplinare, bensì uno strumento che consente al datore di lavoro, in situazioni di particolare rilevanza e gravità, di svolgere alcune indagini sui fatti contestati al dipendente. Durante il periodo di sospensione il lavoratore non può svolgere alcuna attività lavorativa, ma non perde il diritto alla retribuzione.

Presupposto fondamentale per l’irrogazione di una sanzione disciplinare

Tutti i dipendenti devono essere a conoscenza delle regole da rispettare per non incorrere in sanzioni disciplinari.

Per questo motivo, il datore di lavoro deve affiggere il codice disciplinare[1] in un luogo accessibile a tutti i lavoratori.

Se il codice disciplinare non è affisso la sanzione che eventualmente il datore di lavoro irroga al dipendente è radicalmente nulla e non può essere convalidata.

Il procedimento per adottare le sanzioni disciplinari

Il datore di lavoro, prima di irrogare la sanzione disciplinare, ha l’onere di contestare per iscritto, a pena di nullità, l’addebito e di sentire a difesa il lavoratore.

Si ricorda che il richiamo verbale non necessita di alcuna contestazione scritta.

La contestazione viene inviata, solitamente, tramite lettera raccomandata A/R oppure con raccomandata a mano, direttamente consegnata al dipendente.

La contestazione deve essere precisa per permettere al dipendente di esercitare validamente il proprio diritto di difesa.

Di conseguenza, le formulazioni generiche non sono idonee (es. “grave accadimento”; “atteggiamento riprovevole”).

La contestazione non può essere modificata; tuttavia, può essere chiarita e / o integrata in un secondo momento nel rispetto di un duplice limite:

  1. è necessario rimanere nell’ambito del fatto già contestato,
  2. il chiarimento deve avvenire prima che il lavoratore abbia presentato le proprie giustificazioni.

Al lavoratore viene concesso un termine di difesa non inferiore a cinque (5) giorni, decorrenti dal ricevimento della contestazione, durante i quali può presentare le proprie giustificazioni per iscritto o anche verbalmente.

Il destinatario della sanzione può farsi assistere da un legale o da un rappresentante sindacale.

Se il datore di lavoro procede all’irrogazione prima della scadenza del termine di cinque giorni, il provvedimento è nullo.

Infatti, la sanzione irrogata è valida soltanto se il datore procede a comunicarla al lavoratore entro dieci (10) giorni da quando quest’ultimo ha presentato le proprie giustificazioni o, in assenza di esse, dalla scadenza del termine di difesa.

L’impugnazione della sanzione

La legge riconosce al lavoratore la facoltà di promuovere, nei venti (20) giorni successivi all’applicazione della sanzione stessa, la costituzione di un Collegio di Conciliazione ed Arbitrato composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo scelto di comune accordo.

La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del Collegio.

In alternativa, il lavoratore può chiedere la convocazione di una Commissione per il tentativo obbligatorio di conciliazione e, in caso di mancato accordo, adire il Giudice del Lavoro.

In tale circostanza, al contrario, l’esecuzione della sanzione non è sospesa.

[1] Per “codice disciplinare” si intende l’estratto del contratto collettivo e l’eventuale regolamento aziendale relativi alle sanzioni disciplinari.

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *