La cittadinanza italiana per via materna

avvocato brescia

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Secondo la legge attualmente in vigore è cittadino italiano il “figlio di padre o di madre cittadini” (art. 1, lett. a, l. n. 91/1992).

Ma, anche se oggi sembra impossibile, non è sempre stato così!

Ad inizio Novecento, infatti, vigeva il principio di primazia del padre nella determinazione dello stato di cittadino italiano del figlio.

La legge in vigore all’epoca, L n. 555 del 1912, prevedeva due principi fondamentali:

  1. il cittadino italiano per nascita era soltanto il figlio nato da padre cittadino, mentre l’acquisto della cittadinanza italiana del figlio per nascita da madre cittadina costituiva ipotesi residuale;
  2. la donna cittadina italiana che contraeva matrimonio con un uomo straniero perdeva in modo automatico la cittadinanza italiana, anche se dissenziente, qualora nell’ordinamento del marito vi fosse una norma idonea ad attribuirle la cittadinanza dell’uomo per effetto stesso del matrimonio.

Da ciò conseguiva la mancata trasmissione della cittadinanza italiana a tutti i discendenti della donna sposatasi con uno straniero.

Questo quadro normativo, che considerava la donna come giuridicamente inferiore all’uomo, è stato di fatto superato soltanto con l’entrata in vigore della nostra Repubblica e solo verso la fine degli anni Settanta la Corte Costituzionale è intervenuta affermando la parità di genere anche in tale ambito.

In particolare le pronunce di illegittimità costituzionale intervenute si basano sul presupposto secondo cui una disciplina che prevede un trattamento diverso tra figli di padre italiano e di madre straniera, rispetto ai figli di padre straniero e madre italiana, non possa che considerarsi superata in un ordinamento che sancisce parità di trattamento ed uguaglianza davanti alla legge senza distinzione di sesso, oltre che eguaglianza morale e giuridica dei coniugi.

Ma vi è più.

I principi enunciati dalla Corte Costituzionale trovano pacifica applicazione ai fatti che risalgono al periodo antecedente l’entrata della Costituzione e, per tali motivi, la titolarità della cittadinanza italiana va riconosciuta in sede giudiziaria alla donna che l’ha perduta senza la sua volontà per essersi coniugata con cittadino straniero anteriormente al primo gennaio 1948 e, di conseguenza, anche ai suoi discendenti.

Tale principio è divenuto oggetto di numerose pronunce del merito, in particolare del Tribunale di Roma competente territorialmente, che riconoscono la cittadinanza italiana ai discendenti di donna italiana che aveva perduto il proprio status per essersi sposata con uomo straniero prima del 1948.

Attualmente, pertanto, la cittadinanza italiana può essere riconosciuta dal Giudice a colei che ha perduto la cittadinanza per effetto della Legge del 1912 ed ai di lei discendenti.

Fin quando il Legislatore non interverrà attribuendo agli interessati (soprattutto discendenti di donne emigrate nei Paesi del Sud America: Brasile e Argentina in primis) la possibilità di ottenere la cittadinanza jure sanguinis per via materna promuovendo la relativa istanza al Consolato o al competente Ufficio di Stato Civile dei Comuni italiani, sarà necessario procedere in via giudiziale con ricorso avverso lo Stato italiano avanti il Tribunale di Roma.

Lo Studio Legale dell’Avvocato Paolo Pedretti rimane a disposizione per maggiori informazioni ai discendenti di antenata italiana interessati a rivendicare il proprio status di cittadino italiano.

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